Cenere, distruzione e risurrezione

MARZO 2024

L’autore

Stefano Giannetempo
Teologo | Editorialista



Approfondimento

Analisi testuale

Antica Alleanza. In ebraico אֵפֶר (ùpper) compare circa 25 volte (sia tradizione levitica/sacerd. che yahvista) per lo più indicando:

  • Il residuo che resta sull’altare dopo la consumazione del sacrificio (Cfr. Lev 6,3)
  • La polvere più adatta alla penitenza/sofferenza personale, da cospargersi addosso (Cfr. 2 Sam 13,19)
  • Ciò che resta di idoli bruciati (2Re 23,6)
  • Giobbe è l’esempio maggiore (Giobbe 2,7, nel “quadro iniziale”)
  • Profeti seguono a ruota, in pieno Esilio (Lam 3,16; Ezec 27,30; Isaia 58 ss.)

Nuova Alleanza. In greco compare appena 5 o 6 volte κόνις (kònis) come segno di:

  • Penitenza e punizione (Mt 11,21=Lc 10,13)
  • Distruzione come esempio per altri (2 Pietro 2,6)
  • Similitudine liturgica (Ebrei 9,13)

Analisi semantica

  • Liturgia: l’indicazione pratica e sacerdotale dei residui delle vittime bruciate (prima o dopo la costruzione del Tempio).
  • Penitenza: materia non nobile, di dolore e ammenda, di cui cospargersi o su cui giacere.
  • Distruzione/Giustizia: la sorte delle immagine degli idoli consumati dal fuoco.

Sitz Im Leben – Contesto attuale

  • Religione e Liturgia: Quaresima, Mercoledì delle Ceneri (Chiesa Cattolica Romana, Chiesa Anglicana, Chiesa Episcopaliana, alcune Luterane, etc.)
  • Cronaca: quanta cenere lascia a terra la violenza in Ucraina, Gaza, nelle guerre dimenticate? Quanta ne resta dopo un incidente sul lavoro, con o senza morti bianche?
  • Esistenza: c’è cenere e cenere, con una diversità disarmante. Dalla cenere del camino la notte di Natale, all’urna cineraria di un caro defunto (SoCrem ad esempio, sempre più in aumento, perchè?).
  • Saggezza e Letterature: …le gambe incenerite di Pinocchio vengono riaggiustate da Geppetto; l’Araba fenice rinasce sì dalle sue ceneri, ma con poche riprese letterarie o artistiche in proporzione al messaggio.

Annuncio – Kerigma

Nella misera e nell’umiltà della cenere è racchiusa più che altro una vicenda di distruzione; da qui, la sua tristezza, umiliazione, il senso di aver toccato il fondo. Eppure, la cenere, ormai lisciva, sbiancava il bucato delle nostre nonne; a volte concima la terra. Segno di precarietà e morte, alla fine del Libro della Vita è assente solo perché inglobata nella vera Luce della vita… Nella notte di Pasqua, “madre di tutte le veglie” (Agostino), in fondo alla legna che accende il Cero Pasquale, simbolo del Risorto… c’è ancora cenere. Senza quella combustione, non ci sarebbe quella Luce.

“Polvere tornerai” ma non è ancora la fine

Questo periodo di quaranta giorni prima di Pasqua – Quaresima, appunto – si è aperto, per i cattolici come per altri cristiani, col famoso Mercoledì delle ceneri. Cosa che ci offre una nuova opportunità per riflettere sul significato della cenere, sul suo valore simbolico, su un suo eventuale messaggio.

Viene spontaneo pensare alla cenere come a polvere di scarto, spazzatura, rifiuto, ma la Bibbia offre sempre delle sorprese. Ad esempio, i quaranta giorni di Quaresima – come i quarant’anni di Mosè e del popolo ebraico nel deserto, e i quaranta giorni di Gesù nel deserto – iniziano nel segno della cenere, eppure non c’è cenere quando Mosè e Gesù partono per i loro deserti! Ma a causa di una polvere molto più antica e da cui venne fuori l’uomo [1], la cenere ha preso il palcoscenico: cenere sei e cenere tornerai, o letteralmente, polvere sei e polvere tornerai.

Spesso si tratta di palcoscenici mai improvvisati: vediamo quindi cosa possiamo trovare dietro a della semplice cenere.

1. Quando passa l’ira (e l’amore) di Dio

In generale la cenere è il residuo di un fuoco che Dio manda come punizione. Tante volte è stato detto quanto siano scomode certe pagine della Bibbia con tutta questa violenza divina. Cenere è tutto ciò che resta delle statue di idoli che vengono bruciate per gelosia divina [2]. Cenere è in sostanza “il vestito” principale da indossare, partendo dal gettarsela in testa, in tempo di dolore e penitenza [3]. Cenere, ancora, è il famoso “tappeto” sul quale si siede Giobbe [4], stremato da tutte le disgrazie che lo mettono a confronto con Dio, con le varie vicende della vita, condivise con tutta l’umanità.

Insomma, in queste pagine la cenere non promette nulla di buono, e lo stesso accade anche dopo l’arrivo di Gesù: nel Nuovo Testamento troviamo ancora cenere per la penitenza [5], e cenere come resto di una distruzione che addirittura deve avvisare gli altri:

Condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. [6]

Una violenza che passa, brucia e riduce in cenere, in polvere non più utile, se non per dire a tutti: fate attenzione. Una violenza che facciamo fatica a capire davanti all’annuncio di un Dio che è amore, a meno che non si abbia la grazia di comprendere, spesso anche con tanta fatica, che dietro a tutto ciò che Dio permette c’è amore, anche quando sembra punirci. Negli ultimi anni aumenta sempre più la scelta di far cremare i defunti. Davvero si torna polvere, si diventa cenere. Davanti al dolore di una persona che amiamo e che muore, davanti a quella cenere, dove sei, Dio di amore? Davanti alla cenere di tante città distrutte in Ucraina, o nella striscia di Gaza, dove sei, Dio di amore?

La nostra Fondazione don Mario Operti si occupa molto del mondo del lavoro: davanti a tante morti sul lavoro, molte delle quali provocate proprio dal fuoco, dove sei, Dio di amore? Sono domande pesantissime, eppure sono queste domande che Giobbe ad un certo punto ha il coraggio di tirare fuori, dopo aver mostrato per un po’ la faccia da vero uomo di Dio: “In tutto questo… Giobbe non attribuì a Dio nessuna colpa[7] per poi passare ad un arrabbiatissimo:

Possa morire il giorno in cui sono nato, la notte in cui dicevano: è nato un bimbo maschio! Quel giorno diventi come il buio, che Dio dall’alto non ne abbia cura, e che non ci sia luce durante quel giorno. [8]

Cenere dolorosa: così si presenta ad uno primo sguardo sfogliando la Bibbia. Ma dobbiamo anche noi restare nella cenere tra rabbia e sofferenza, seduti accanto a Giobbe? Possibile che il libro della Vita si fermi qui, senza arrivare ancora una volta a darci un messaggio di speranza, anche in mezzo al dolore più forte?

2. Il posacenere d’oro nella casa di Dio

Altre pagine della Bibbia non vengono quasi mai lette a fondo, forse perché lunghe e noiose, piene di comandamenti e istruzioni che non usiamo più, come tanti passi dell’Antico Testamento. Eppure, con sorpresa, leggiamo ad un certo punto che Dio, quando condivide con Mosè il suo desiderio di avere anche lui una tenda, una “casa” insieme al suo popolo nel deserto prima, e a Gerusalemme molti anni più tardi, descrive per filo e per segno come deve essere questa sua casa. E anche non essendo un fumatore, Dio ordina che gli vengano fatti dei posacenere d’oro! Si tratta di piattini o piccoli vassoi in oro che, alla base del candelabro, dovevano ospitare la cenere che cadeva.

Farai anche un candelabro d’oro puro… Sei bracci usciranno dai suoi lati… i suoi portacenere saranno d’oro puro. [9]

Altre traduzioni bibliche parlano di “piattini in oro” [10] per la cenere, o di “catinelli” [11], come piccoli secchielli. In sostanza, quella cenere che cadeva dalle lampade – utilizzando del carbone, possiamo intuire – non doveva andare persa a terra. Perché? Non si tratta più di una cenere che racconta solo dolore e distruzione. Esiste una cenere che va conservata, che parla di altro, di qualcosa di buono. Perché persino dalla cenere Dio sa ricavare, a motivo del suo amore, qualcosa di positivo, un motivo di gioia, per quanto possa sembrare assurdo.

Ma non è forse assurdo se non folle, spesso, l’amore che Dio ha per noi? Nella lettera agli Ebrei leggiamo che quella cenere che Dio desidera conservare ha la capacità di rendere pura la persona che se la getta addosso [12]. Siamo davanti all’esatto contrario della cenere che ci si getta addosso per fare penitenza. E ciò vale ovvio anche per il sangue delle vittime dei sacrifici, e quindi – prosegue l’autore della lettera agli Ebrei – vale soprattutto per il sangue che Gesù perde sulla croce.

Se, come afferma la fede cristiana, tutto ciò che è avvenuto nella Bibbia parla già di Cristo, allora ecco perché esiste della cenere così preziosa da dover essere conservata in piattini dorati, come si conservano pane e vino consacrati in piattini (le patene) e calici dorati. Cenere preziosa, cenere che non sa più di distruzione e maledizione, ma di vita e benedizione. Non tutto il male viene per nuocere, quindi. Così come – fuori dalla Bibbia – la cenere da cui rinasce l’araba fenice. Come la cenere in cui si riducono i piedi del burattino Pinocchio, prontamente riaggiustati dall’amorevole Geppetto, altra piccola immagine letteraria del Padre Celeste. La cenere, residuo di distruzione, diventa a sorpresa polvere di speranza, di luce. Fino a questo punto arriva l’amore di Dio.

3. Si ritorna polvere, ma non è affatto la fine

Il grande sant’Agostino di Ippona diceva che la notte della Veglia di Pasqua deve essere considerata come la madre di tutte le veglie [13]. E in effetti alcuni regolamenti liturgici (ovvero di “come si prega” insieme) di diverse chiese cristiane dicono che la festa di Pasqua va celebrata con la massima solennità e bellezza possibile [14]. Ebbene, proprio in quella notte così importante ritroviamo ancora una volta della cenere: la stessa cenere che abbiamo incontrato all’inizio del lungo cammino verso Pasqua, il Mercoledì delle ceneri.

Come nella tenda e poi nel Tempio di Dio, è una cenere che cade da un fuoco prezioso: il fuoco che brucia all’inizio della veglia di Pasqua, davanti alle chiese, con tutte le persone intorno, e da cui si accende il cero pasquale. Una candela gigante che non è esattamente come tutte le altre candele: per quella notte, e per tutto l’anno a seguire, quel cero pasquale rappresenta Cristo Risorto! Dopo aver acceso quel fuoco e quel cero, la veglia continua dentro le chiese… e fuori, che cosa resta? Resta la cenere del fuoco che era stato acceso per dire al mondo intero che la vita ha sconfitto la morte, che la luce ha sconfitto il buio, che Gesù risorgendo ha sconfitto ogni nostra miseria.

Quella cenere, quella polvere, non è più una “fine”. Diventa soprattutto un nuovo inizio. Quando ci troviamo a sedere sulla cenere, nelle tante sconfitte della vita, non è facile ricordarcelo. Ma non è ancora la fine: l’amore di Dio non ci abbandona nemmeno in mezzo alla cenere. Non è la solita frase tirata per i capelli per dire ad ogni costo che il Dio di Gesù è davvero un Dio di amore. Non lo vediamo subito, ma è un dato di fatto. Cenere e terra si mescolano per concimare i campi. Cenere e acqua si mescolavano con cura davanti alle nostre nonne per diventare lisciva e lavare vestiti e lenzuola, ottenendo davvero “un bianco che più bianco non si può”, e non è pubblicità, è realtà. La realtà di una buona notizia, di un amore così testardo che non si arrende davanti a nessuna sconfitta, davanti a nessuna distruzione.

Ecco perché alla fine Giobbe, molti capitoli dopo aver maledetto la sua nascita, e dopo un duro scontro con Dio, dice con forza estrema: Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere![15]. E a questo punto, nemmeno la morte – che spesso riduce i corpi in cenere – può vincere davanti all’amore di Dio. Dice ancora Giobbe: “Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio[16].

Questo è l’annuncio della cenere. Questa è ancora una volta, la nostra speranza pasquale. Questo è l’augurio che ci facciamo, da fratelli e sorelle, da amici e amiche: il nostro Redentore è vivo, fidiamoci di Lui, non restiamo seduti nella polvere. Lo dice ogni cosa intorno a noi… anche la cenere.


  • [1] Cfr. Genesi 2,7 ; 3,19.
  • [2] Cfr. 2 Re 23,6.
  • [3] Cfr. Lamentazioni 3,16; Ezechiele 27,30.
  • [4] Cfr. Giobbe 2,7.
  • [5] Cfr. Matteo 11,21, parallelo a Luca 10,13.
  • [6] Cfr. 2 Pietro 2,6, versione CEI 2008.
  • [7] Cfr. Giobbe 1,22.
  • [8] Cfr. Giobbe 3,3-4, qui tradotto dall’autore.
  • [9] Cfr. Esodo 25, 31-39, versione CEI 2008 (così anche CEI 1974).
  • [10] Versione Nuova Riveduta.
  • [11] Versione Diodati classica.
  • [12] Cfr. Ebrei 9,11-14.
  • [13] S. Agostino, Discorso 219, “Nella Veglia di Pasqua”.
  • [14] Ad esempio, per la Chiesa Cattolica, I Praenotanda dei Libri liturgici.
  • [15] Cfr. Giobbe 19,25, versione CEI 2008.
  • [16] Cfr. Giobbe 19,26, versione CEI 2008.