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Come molte dimensioni della vita sociale, anche l’indebitamento sta rapidamente cambiando segno nella società piemontese. Una ricerca presenta la fotografia impietosa del rischio corso dal territorio e dagli attuali meccanismi di tenuta sociale, per cercare nuovi strumenti di osservazione, analisi e intervento operativo.
La Fondazione Operti ha un osservatorio specifico sul tema dell’indebitamento, rappresentato dal Fondo So.rri.so. Nato a metà 2020, per far fronte agli effetti economici e sociali della pandemia, ha visto affluire oltre 1.000 persone con problemi di accesso al credito, di morosità di affitti o utenze, di indebitamento presso soggetti finanziari. Oltre la singolarità della storia personale di ognuno, le cause di indebitamento che empiricamente è stato possibile rilevare sono un decalogo che si ripresenta ciclicamente:
Dietro questi eventi e ragioni, si legge in tralice un bisogno nuovo legato alla educazione finanziaria e all’accesso al credito per le persone fragili, per meglio dire, l’inclusione e il benessere finanziario sono una parte importante dei processi di inclusione sociale che accompagna le persone fragili all’autonomia. L’inclusione finanziaria è un processo che non può prescindere dal coinvolgimento consapevole dei beneficiari: se, da una parte, dare credito significa scommettere sulla fiducia concessa anche alle persone non bancabili, dall’altra, richiede la disponibilità dei beneficiari per mettere ordine e stabilire priorità nei bilanci familiari.
Proprio questa convinzione, che nasce dall’osservazione sul campo e dalla palestra del Fondo So.rri.so., ha fatto intuire alla Fondazione don Mario Operti la necessità di scavare in modo più largo e profondo, coinvolgendo le imprese in un’indagine sull’indebitamento dei lavoratori – cui fanno capo, nelle varie tecnicalità amministrative previste, le cessioni del quinto, i provvedimenti giudiziari, le ingiunzioni di pagamento – dunque sul loro benessere finanziario.
Occuparsi del benessere finanziario dei lavoratori è, nei fatti, un’azione di welfare aziendale che le imprese possono mettere in campo, ma non sempre hanno la preparazione culturale per coglierne l’importanza, e intendere sé stesse come agenti di cambiamento nella società. Come ha dimostrato anche la nostra indagine, le imprese intervengono in ragione di un’interpretazione alta del ruolo nella comunità. In assenza di strumenti organizzati, gli interventi assumono carattere privatistico, diretto e pragmatico, che non sempre si rivelano la migliore soluzione a problemi di indebitamento con radici profonde. Entrano in gioco le soluzioni mediate da soggetti specializzati nel campo dell’educazione finanziaria e dell’accesso al credito per persone fragili, che possono spezzare il circolo vizioso del debito incontrollato.
In questo orizzonte, è nato il progetto Vite a debito. L’indebitamento di lavoratrici e lavoratori piemontesi, come strumento di osservazione, analisi e intervento operativo in quell’area grigia rappresentata dal sovraindebitamento dei lavoratori dipendenti che corrono il rischio di precipitare in condizioni di grave difficoltà a seguito della richiesta di cessione del quinto dello stipendio, o perché sottoposti a provvedimenti di pignoramento. La ricerca, sostenuta dal Consiglio regionale del Piemonte con Osservatorio Usura e Sovraindebitamento, e svolta con la collaborazione operativa di Aidp Piemonte e Valle d’Aosta e Labins, ha messo in campo una raccolta dati per mezzo di quattro strumenti di rilevazione: un questionario rivolto agli Uffici Risorse Umane delle imprese, un set di interviste a testimoni privilegiati, un workshop con imprese ed enti che si occupano di problemi legati all’usura e all’indebitamento, l’analisi di un caso studio.